Biografia

Nato a Shangai nel 1954, Zhou Zhiwei si dedica alla pittura dall’età di 9 anni.
Allievo di due famosi pittori cinesi, Yu Yun-jie e Liu Kemin, ha completato gli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Shangai.

Risiede in Italia dal 1980 dove ha frequentato i grandi maestri contemporanei quali Pietro Annigoni, Giacomo Manzù e Gregorio Sciltian.
A Roma ha perfezionato la sua tecnica pittorica principalmente presso lo studio di Riccardo Tommasi Ferroni, uno dei maestri del citazionismo contemporaneo.

Il suo realismo esce dai fondamenti della cultura a cui appartiene. Continua a fare ricerca e studio delle opere dei grandi maestri nei maggiori musei europei. La sua ricerca tende all’indefinito di cui è pervasa la forma, ma soprattutto il contenuto. La sua vita è dunque un lungo peregrinare tra Oriente e Occidente.
Lui si considera “ospite” di entrambi.
Ama fondere i due mondi, il suo pensiero affonda le radici nel taoismo filosofico. Il “Tao”, che significa “via”, è l’unità suprema in cui conciliano le opposizioni della vita; quello benefico (Yang) e quello dissolvitore (Yin)…

Le sue opere sono preferibilmente di grandi dimensioni. La tempesta, ad esempio, è di 250 centimetri per 550, Capriccio Veneziano misura 220 per 450, L’Autunno di Ulisse 280 per 500…

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Dell’eccezionalità di queste tele scrive l’autorevole critico d’arte Mario De Micheli:

“Quando io ho visto le sue opere sono rimasto meravigliato, non solo della sicura abilità ch’egli dimostrava, ma dell’intensità delle immagini ch’egli sapeva creare.
Erano immagini concepite con ardita fantasia e ispirazione, sicure nei modi e nel sistema di affrontare i suoi temi.
Quando, per fare un caso, ha affrontato Capriccio Veneziano, con la laguna e le vele spiegate sullo sfondo, ha voluto sinteticamente riunire antichi personaggi e personaggi moderni: una donna che fa la spesa, dei giovani che suonano, lui stesso che dipinge, un altro che legge il giornale, uomini seduti o in carrozzella, vari turisti che visitano la città…E su tutto, dominante, il Monumento a Goldoni del 1883, realizzato da Antonio del Zotto, che Zhiwei, arbitrariamente, ha spostato dalla sua sede, innalzandolo nella sua tela, alto nel cielo lagunare…
La trama intera della sua opera è ricca di fantasia e di perizia, di maestria e di esperienza.
Egli rivela i suoi segreti tecnici e poetici senza difficoltà, perché di fatto non sono segreti: sono di sicura evidenza. In altre parole egli dipinge con estrema semplicità…”

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Zhou Zhiwei ha tenuto numerose mostre personali in Europa e in Cina: a Milano, Roma, Vienna, Trieste, Firenze,Venezia, Padova, Shanghai, Pechino, Mongolia Interna, etc.

Oggi Zhou Zhiwei vive a Padova e alterna la sua attività in Europa e in Cina. Oltre a continuare la sua attività pittorica svolge anche la funzione di curatore di mostre ed eventi artistici culturali e di programmatore di documentari televisivi d’arte e cultura.

Dal 2016 è consulente della Shanghai International Culture Association del Comune di Shanghai e della casa di Produzione televisiva Shanghai Hantang Culture Development.

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Dal 2019 le sue opere sono in mostra a Londra alla HJ Art Gallery.


CONVERSAZIONE CON ZHOU ZHIWEI di Maria Luisa Trevisan.

Partiamo dalle tue origini, da dove vieni? Chi era tuo padre? Vuoi parlarci un po’ della tua famiglia?
Era una famiglia numerosa, mio padre ha sette fratelli e mia madre otto, quindi ho una cinquantina di cugini. Io ho un fratello e una sorella.

Che formazione aveva la tua famiglia, umanistica o scientifica?
Scientifica. Mio nonno aveva una fabbrica di meccanismi per locomotive e i suoi figli sono diventati ingegneri. Mio padre è ingegnere metallurgico, costruiva treni, ferrovie, lavora ancora nonostante abbia quasi ottant’anni.

Come mai tu non hai fatto l’ingegnere?
Mio padre voleva che io diventassi musicista, ho cominciato a suonare il violino da piccolo, poi è iniziata la rivoluzione culturale che ha azzerato tutto. Io avevo 14 anni, le guardie rosse mi hanno spaccato il violino, non avevamo più niente. Mi sono dedicato al disegno per il quale avevo grande passione…per disegnare bastava una matita.
La mia famiglia era divisa in due parti, una parte era comunista, a favore della rivoluzione, l’altra parte era capitalista. Mio padre invece era la pecora nera, lui era solo un intellettuale, sempre sui libri. Io, ero a favore della rivoluzione culturale ma, come figlio di borghese non potevo fare il soldato. Poi mio padre fu mandato in un campo di concentramento e costretto ai lavori forzati. Recentemente, durante un soggiorno a Shangai mi ha confidato che se non avesse avuto figli si sarebbe suicidato. Nei suoi anni migliori, nel momento più bello della sua carriera e stato portato in campagna e per un anno interno non abbiamo più saputo niente d lui. Lavorava nei campi, gli davano poco da mangiare e da leggere Mao. Alcuni miei parenti capitalisti sono riusciti ad andare all’estero.

E tua mamma?
Mia mamma veniva da una famiglia piccolo borghese di commercianti di stoffe.

Dal punto di vista religioso?
Mia nonna paterna, dalla quale passavo tutti i fine settimana, era molto religiosa, pregava una divinità femminile, una sorta di Budda donna che si chiama Quan Yin. La sua pelle era bianca come il latte. Si metteva una crema di latte di rana che rendeva il viso come una porcellana.
In casa sua c’era un altare e io la vedevo pregare. Vedevo il suo viso bianco immerso in un fumo d’incenso, si vestiva sempre di un celeste- grigio, questa atmosfera mi è rimasta nel cuore, era una presenza costante, solo più tardi ho capito da dove provenivano i miei colori.

Sei riuscito a mantenerti solo con la pittura o ti sei dedicato anche all’insegnamento? 
Per un po’ sono rimasto in contatto con l’accademia di Shangai ma non sono portato per l’insegnamento.

Com’è avvenuta la tua formazione?
I miei due maestri provenivano da due scuole diverse. Uno aveva una formazione basata sulla scuola francese e fiamminga, l’altro, con il quale sono ancora in contatto, seguiva gli insegnamenti della scuola Russa , il Socialismo Sovietico. Si trattava di un sistema di insegnamento quasi scientifico. Ad esempio, la luce veniva calcolata scientificamente secondo la teoria di Cesjakov come il metodo Stanilasky per il teatro. Si studiava anatomia, prospettiva, ecc… Era un insegnamento molto molto severo.

Quindi la tua pittura risulta da una sintesi di queste due fonti?
Si, molto importante è stato anche lo studio della calligrafia e della tecnica tradizionale della pittura cinese, l’acquarello su carta di riso.

Sei sempre stato attratto dall’Italia?
Si, come tutti gli studenti cinesi di arte.

E tu come hai vissuto la rivoluzione culturale?
Avevo 15 anni, noi ragazzi di città seguivamo il pensiero di Mao e siamo stati mandati in campagna a “insegnare” ai contadini conservatori la modernità.. Ho lavorato nei campi, ho persino fatto l’allevatore di maiali…con scarsi risultati, ho lavorato anche in miniera.
In campagna ho avuto anche il compito di “rieducare”degli anziani intellettuali cosiddetti controrivoluzionari. Una fortuna è stata che mi è capitato di dover “rieducare” uno dei migliori cuochi cinesi. In realtà lui ha educato me all’arte della cucina. Ho capito che la cucina è arte, idea che ho condiviso con vari amici pittori, in particolare con Riccardo Tommasi Ferroni, Alessandro KoKocinsky e Tobia Ravà. Diffido di pittori che non sanno cucinare.

Come hai conosciuto Tommasi Ferroni?
A quel tempo ero corrispondente per una rivista d’arte dell’accademia di Pechino (Arte del Mondo). Quando sono andato a Venezia a vedere la biennale dove c’era una personale di Tommasi Ferroni, ho pensato che quel pittore era molto interessante e che avrei voluto intervistarlo. Successivamente a Pechino è successa una cosa straordinaria, durante un ricevimento all’ambasciata mi è stato presentato un pittore al quale ho confidato il mio progetto di intervistare Riccado Tommasi Ferroni, lui mi ha guardato fisso e ha detto: Sono io!
Il giorno dopo le autorità volevano portarlo a visitare lo zoo e lui, disperato, mi telefonò pregandomi di salvargli la giornata. Abbiamo affittato le bici e ci siamo immersi nella parte vecchia di Pechino. Anche ai figli di Berlinguer ho fornito una bicicletta e abbiamo girovagato fra la gente.
E’ stato Tommasi che mi ha fatto conoscere bene la pittura italiana. Alcuni mesi dopo l’incontro a Pechino, infatti, in viaggio a Roma, sono passato dal suo studio e…mi sono fermato lì per dieci anni. Lui mi ha dato quello che cercavo. Ho conosciuto altri grandi maestri: Annigoni, Manzu, Sciltian.

E pittori più giovani?
Ne frequento molti. Per esempio Alessandro Kokocinski, Jonathan Johnson , Tobia Ravà con il quale ho frequentato un corso di incisione di Bruscaglia a Urbino, in quell’occasione abbiamo conosciuto artisti di tutte le nazionalità. E’ stato bellissimo.

Perchè hai scelto da fare pittura figurativa?
Amo la bella pittura, per me bella pittura vuol dire una tela ben preparata, colori di alta qualità, belle pennellate… Nei corsi dell’Accademia abbiamo avuto possibilità di provare tutti i tipi di espressione e tecniche: astrattismo, surrealismo, iperrealismo etc. Sapevo bene chi era Bacon, Jackson Pollock, Dalì, etc… Finito l’Accademia ognuno ha scelto la sua strada, per esempio il mio caro amico Chen Zen ha avuto grande successo a Parigi con le sue istallazioni geniali. Io sentivo che la pittura figurativa mi consentiva di esprimermi al massimo.

Cosa ne pensi della pittura cinese contemporanea?
I giovani artisti cinesi di oggi hanno una formazione culturale diversa con cui non ho niente in comune. Mi chiedo solo… “perché un giovane cinese deve copiare l’espressionismo tedesco?”

Come mai hai trattato Petrarca e San Luca che non fanno parte della tua cultura d’origine?
In Cina ho letto Petrarca, ho fatto anche un esame sulla sua poesia. Il mio Petrarca è simbolico, vuole esprimere solo la solitudine di essere uomo. Anche San Luca è simbolico. Il protettore della pittura tradizionale, si trova in un ambiente di video arte e resta perplesso, proprio come succede talvolta e me.

Ho notato che ti piace presentare le tue mostre accompagnate da musica originale…
Il mio rapporto con la musica è nato quando ero piccolo . Ho sempre collegato la pittura alla musica, insieme costituiscono un linguaggio espressivo molto efficace che può dare grande emozione.

Ci sarà uno Zhiwei più spirituale in futuro?
Sono sempre stato attratto dal Taoismo. Adesso ho il desiderio di ritornare a meditare in un monastero dove sono stato in passato. Quel luogo ha i colori e gli odori dei miei ricordi di mia nonna.